La malattia della passione
“Just because you don’t have a burning passion for your job, does not automatically mean something is missing for you.”
Questa frase è stata detta da Christoph Waltz in questa intervista e mi ha fatto molto riflettere: l’idea che il tuo lavoro debba corrispondere alla tua passione è una grande illusione e, anzi, un rovesciamento dei termini. Infatti, non è scoprendo la propria passione che uno intraprende poi un certo percorso lavorativo, ma è l’esatto opposto: uno lavora, si affatica, si impegna, e da lì scopre ciò che lo appassiona, eventualmente.
Ovviamente, è un’idea molto meno seducente del suo opposto: “Prendi la tua passione e trasformala in lavoro!” – ma se non sai qual è la tua passione, come fai a lavorarci? In realtà, è proprio il LAVORO che ti fa scoprire la passione, è l’impegno che ti rende chiaro cosa ami, sono lo studio e la fatica a mostrarti cosa muove davvero il tuo spirito – e in questo non è detto che lavorando, impegnandosi o studiando tutti possano scoprirlo.
Se prendo il ragionamento di Waltz e lo applico al mio caso, il panorama diviene molto chiaro: ho scoperto la grande passione per la filosofia solo attraverso uno studio matto e quasi ossessivo consumato quando ancora non potevo sapere se ciò mi avrebbe portato a qualcosa di fecondo; ho trovato l’amore per il video e la divulgazione imparando a fare video, faticando molto per trovare il mio spazio, e solo lì ho poi scoperto quanto mi piacesse (anzi: ho scoperto che mi piaceva proprio perché ci avevo speso montagne di tempo ed energie); ho trovato l’amore per il teatro grazie al fatto di averci messo un grande impegno senza che nessuno mi garantisse di essere bravo a farlo. E via così.
La vita è prima di tutto fatica, impegno, sacrificio, i quali poi, forse, portano a scoprire cosa ci appassiona. Ovviamente, i guru di tutto il mondo vi diranno il contrario perché la possibilità di scoprire la propria passione e trasformarla in lavoro ci illude di poter lavorare senza fatica, con garanzia di felicità, nel disimpegno esistenziale che tutti quanti di continuo ricerchiamo. Ma è una brutta menzogna.
Ed essa porta con sé un’altra conseguenza: se non sai qual è la tua passione, allora hai qualcosa di sbagliato. Se non hai capito (non si sa attraverso quale metodo fantasioso) cosa ti appassiona, è perché hai una radice storta. Quindi, solo chi è “giusto” sa qual è la propria passione e può farne un lavoro, tutti gli altri sono stronzi. Questa è una bugia che ci mette nell’animo insicurezze destabilizzanti: “Ho vent’anni e non so quale sia la mia passione” è una frase che spesso mi viene rivolta e porta con sé tante paure illusorie: la paura di essere “sbagliato” perché non ho una passione; il timore di essere tra gli sfortunati che dovranno fare un lavoro che odiano; il terrore di dover faticare per farsi una vita e non, come i fortunati, vivere disimpegnati e felici.
Vi svelo un segreto: non c’è passione “data” al di fuori della fatica e dell’impegno, non c’è chi scopre la passione al di fuori del lavoro e dell’abnegazione. E non esiste lavoro che si sorregga sul disimpegno e sulla leggerezza.
Superare i guru da “Baci Perugina” è un atto di emancipazione importantissimo.
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Una risposta
Ma può accadere che se hai una passione(nel mio caso l’arte) sei condizionato a fare alcuni lavori che altri(l’insegnamento,fumettista,scultore,pittore, disegnatore).
Poi la passione non toglie il dolore,ma se la passione e tanto forte,struggente,logorante,alcune volte ossessiva-la sparo grossa – passa sopra ad ogni dolore e fatica.